Disturbo Dipendente di Personalità e Dipendenza Affettiva Patologica
Come possiamo capire se dipendiamo da una persona? Quali sono i campanelli di allarme che potrebbero farci insospettire?
Prima di tutto è importante definire cosa sia la dipendenza, poiché essa non nasce in un’accezione negativa. A tal proposito, autori come Bornstein, dichiarano come la persona dipendente sarebbe dotata di una maggiore sensibilità relazionale, maggiore capacità di cooperazione, tendenza e volontà di aiutare gli altri. All’interno della teoria dell’Attaccamento, Bowlby, afferma l’esistenza di una tendenza innata a ricercare la vicinanza protettiva di una figura ben conosciuta in situazioni di pericolo, dolore, fatica o solitudine.
Il dipendere da altri, può essere quindi considerato come un atteggiamento etologicamente adattivo e appropriato in alcuni contesti, che spinge verso la ricerca di protezione da parte di un altro ritenuto più forte.
Ma quando allora la dipendenza può diventare patologica?
Va fatta, innanzitutto, una distinzione fra il Disturbo Dipendente di Personalità e le dipendenze affettive. Il primo presenta una serie di criteri diagnostici ben definiti ed è riconosciuto come disturbo dal DSM-5. Le dipendenze affettive, invece, consistono in una dimensione trasversale a diversi disturbi psicopatologici, ma non sono riconosciute da nessun manuale diagnostico.
Il Disturbo Dipendente di Personalità è caratterizzato da un bisogno eccessivo e pervasivo di essere accudito, che determina un comportamento sottomesso e il timore di essere abbandonato. Ciò può essere espresso da:
- Difficoltà a prendere decisioni quotidiane senza la rassicurazione e i consigli da parte di altri.
- Assunzione da parte di altri delle responsabilità che dovrebbero essere proprie.
- Paura di dissentire con gli altri e rischiare la disapprovazione.
- Difficoltà ad avviare progetti senza il supporto di altre persone.
- Eccessiva necessità di ottenere assistenza e sostegno, anche consentendo ad altri di imporsi piuttosto che rifiutare o disapprovare il rischio.
- Nei momenti di solitudine si avverte vulnerabilità e impotenza.
- Ricerca disperata di un’altra relazione quando finisce la precedente.
- Preoccupazione irrealistica di essere lasciati soli e incapaci di prendersi cura di se stessi. (American Psychiatric Association, 2013).
Le dipendenze affettive, anche se negli ultimi anni sono stati oggetto d’osservazione clinica, a differenza del Disturbo Dipendente di Personalità, non presentano sintomi, elementi cognitivi e comportamentali che li contraddistinguono. Di conseguenza, non è presente un protocollo d’intervento che possa essere considerato efficace.
Com’è possibile capire se si soffre di una dipendenza affettiva?
Secondo il modello cognitivo il dipendente affettivo avrebbe una serie di caratteristiche qui di seguito riportate:
- Instaura una relazione che avverte come irrinunciabile e teme di potersi separare dal proprio partner o che quest’ultimo decida di interrompere relazione.
- La minaccia di restare solo, lo porta a ricercare nuovamente la relazione per diminuire l’ansia e la paura che prova.
- La soddisfazione dei bisogni fondamentali passa in secondo piano, poiché lo scopo più importante è quello di mantenere la relazione patologica, anche se tale scelta gli genera sofferenza.
- Non riesce a mantenere dei confini stabili e lentamente tende ad annullarsi per soddisfare i bisogni dell’altro.
- È consapevole che la sua fonte di sofferenza consiste nella relazione che mantiene, ma crede di non essere in grado di interromperla o di tollerare che sia l’altro a farlo.
- Le relazioni che instaura non sono solo di tipo sentimentale; la dipendenza può generarsi verso un amico, un familiare o un datore di lavoro.
- Fa di tutto per garantirsi la vicinanza, poiché nella vicinanza si sente utile e amato da un partner fragile e/o maltrattante verso il quale sviluppa una vera e propria ossessione.
- Nelle relazioni con compagni accudenti si sente oppresso definendo il compagno di turno come noioso e andando quindi alla ricerca di relazioni con partner sfuggenti o anaffettivi.
Ma cosa distingue quindi il Disturbo Dipendente dalle dipendenze affettive?
Oggi la dipendenza affettiva viene frequentemente sovrapposta al Disturbo Dipendente di Personalità, nel quale lo scopo fondamentale è quello di ricevere accudimento dall’altro. Ma se fosse realmente così come mai il dipendente affettivo si annoia con i partner accudenti? Se il suo scopo fosse realmente quello, una volta trovato il partner amorevole dovrebbe sentirsi soddisfatto.
Chi soffre di dipendenza affettiva, invece, sarebbe concentrato nell’amare e salvare qualcuno emotivamente fragile, violento e irraggiungibile, nel quale rivedrebbe il proprio genitore problematico. Egli non riesce a rinunciare alla relazione patologica poiché è proprio dentro quella relazione che cerca di riscattare traumi vissuti durante l’infanzia, legati a privazione emotiva o abusi. Chi soffre di dipendenza affettiva ha avuto un genitore maltrattante dal quale voleva essere amato, oppure un genitore problematico che voleva salvare.
Che fare?
Fino a oggi la dipendenza affettiva è stata trattata in maniera simile al Disturbo Dipendente di Personalità o a una delle forme di dipendenza come alcol, droghe o gioco d’azzardo. Per tale ragione i trattamenti utilizzati non sembrerebbero realmente efficaci, poiché non considerano vari aspetti che caratterizzano questa condizione.
Il dipendente affettivo anche se arriva a comprendere i motivi per cui non riesce a rinunciare alla relazione, rimane bloccato emotivamente nella stessa e il conflitto che vive costantemente diventa irrisolvibile.
Senza un’adeguata terapia, potrebbe durare a lungo e condurre a gesti estremi come il suicidio o l’omicidio-suicidio o atti persecutori come lo stalking. Il terapeuta interviene per individuare i circoli dolorosi del paziente e strutturare un intervento clinico mirato alla risoluzione della problema
Data la difficoltà emersa nel trattare tale condizione in maniera efficace, ne consegue la necessità e l’urgenza di strutturare un protocollo di terapia che sia in grado di intervenire sulle dipendenze affettive patologiche.
Bibliografia
Albano, T., & Gulimanoska, L., (2006). In-dipendenza: un percorso verso l’autonomia, Vol.– Manuale sugli aspetti eziopatogenetici, clinici e psicologici delle dipendenze. Milano: Franco Angeli
Bowlby, J., (1969). Attaccamento e perdita: Vol. 1. L’attaccamento alla madre. Torino: Boringhieri (1972).
Guerreschi, C., (2011). La dipendenza affettiva: Ma si può morire anche d’amore? Milano: Franco Angeli.
Mancini, F. (2016). Sulla necessità degli scopi come determinanti prossimi della sofferenza psicopatologica. Cognitivismo Clinico, 13(1).
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Mancini, F., Pugliese, E., Saliani, A.M. UN MODELLO COGNITIVO DELLE DIPENDENZE AFFETTIVE PATOLOGICHE.
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