Il mio intervento è rivolto a bambini, adolescenti e adulti che presentano sintomi o difficoltà interpersonali che causano sofferenza.
Nello specifico, mi occupo di Disturbi d’ansia (Disturbo d’ansia da separazione, Fobie specifiche, Disturbo d’ansia sociale, Disturbo d’ansia generalizzata, Disturbo di panico, Agorafobia), Disturbo bipolare, Disturbi dell’umore, Disturbo ossessivo compulsivo, e Disturbi della personalità (in particolare Disturbo Borderline, Narcisistico e Dipendente).
La domande che guida il mio lavoro è:
qual è l’ostacolo per cui il paziente non riesce da solo ad uscire dalla sofferenza che dichiara di provare?
Per rispondere a questa domanda cerco di comprendere la mente del mio paziente, il modo di percepire se stesso e il mondo circostante, senza interpretazioni o inferenze da parte mia. Tutto avviene in un clima di collaborazione e cooperazione, nel quale attraverso domande mirate indago e ricostruisco i suoi vissuti interni, sia emotivi che cognitivi.
Questo obiettivo mi accompagna per tutta la terapia, soprattutto nella fase iniziale ed è trasversale a tutti i miei pazienti, bambini, adolescenti o adulti.
Le nostre credenze e i pensieri automatici nascono durante l’infanzia, per tale ragione anche con i più piccoli sono guidata dallo stesso obiettivo. Quello che naturalmente cambia è il modo di approcciarmi al paziente, le modalità con le quali costruisco una sana relazione terapeutica e i contenuti riferiti.
Anche i bambini e gli adolescenti, pensano, riflettono e si costruiscono una visione di sé e dell’ambiente in cui vivono, ovviamente con strutture meno complesse, ma non meno importanti di quelle degli adulti.
Capire cosa genera il malessere del mio paziente è fondamentale per strutturare un percorso psicoterapeutico efficace. È vero che sono sempre guidata da salde teorie scientificamente provate, ma in base al caso che mi trovo di fronte scelgo le strategie e le tecniche che ritengo più utili ai fini terapeutici.
L’orientamento che mi guida lascia molto spazio:
- all’esperienza;
- ad accettare ciò che non si può cambiare;
- a tollerare la sofferenza;
- a regolare le emozioni;
- a costruire abilità più funzionali che aiutino il paziente a intervenire nel proprio ambiente di vita. (MINDFULNESS, DEAR MAN, TIP, ABILITÁ DI STOP, ecc…).
Oltre alla Psicoterapia individuale, svolgo percorsi di sostegno alla genitorialità: il cosiddetto Parent Training. Si tratta di un intervento di matrice Cognitivo Comportamentale che permette ai genitori non solo di individuare eventuali stili genitoriali disfunzionali, ma di sviluppare strategie di problem-solving volte a migliorare la relazione genitore-figlio.
Il percorso di Parent Training da me proposto ha una durata relativamente flessibile, poiché si adatta al problema presentato dalla famiglia. Il programma può essere svolto con due modalità diverse:
- Nel primo caso la richiesta può arrivare direttamente da una coppia di genitori, che riconosce di avere delle difficoltà che si ripercuotono nel rapporto con il figlio e di conseguenza nell’intero sistema familiare.
- Nel secondo caso posso essere io a proporre ai genitori di partecipare al percorso psicoterapeutico seguito dal figlio. Tale scelta è frutto dell’osservazione e dell’esperienza clinica, che mi hanno aiutata a comprendere quanto sia utile ai fini della cura, coinvolgere i genitori nel percorso del bambino.
Fasi della terapia
1) Primo colloquio: durante il primo colloquio mi occupo della valutazione delle caratteristiche del caso per capire la possibile presa in carico.
Il mio interesse è rivolto non solo a conoscere il paziente, ma anche a evidenziare la presenza di eventuali sintomi o condizioni che necessitano di una possibile valutazione psichiatrica.
La valutazione di uno Psichiatra, nei casi in cui è necessaria, non esclude la possibilità di intraprendere il percorso di psicoterapia. Anzi, lavorare in maniera integrata, aumenta le probabilità di cura.
Affiancare il trattamento farmacologico è utile nella gestione degli aspetti più strutturati del disturbo e/o nella gestione di una sintomatologia che limita fortemente l’autonomia dell’individuo e uno svolgimento efficace del lavoro psicoterapeutico.
2) Valutazione del caso e analisi della domanda: questa fase della terapia, nella quale è compreso anche il primo colloquio, dura all’incirca 5/6 incontri, in base alla complessità del caso. Nelle prime sedute, attraverso i colloqui clinici, la somministrazione d’interviste e di test psicodiagnostici, compio una ricostruzione del caso.
La fase di valutazione o anche detta di Assessment, in realtà non termina mai, poiché durante le fasi successive della terapia possono emergere nuove informazioni che arricchiscono la mia conoscenza sul paziente e su aspetti importanti della sua vita.
In questo momento del percorso cerco inoltre, di comprendere la richiesta, ovvero quali sono gli obiettivi che ha in mente il paziente al fine di capire quanto siano concretamente realizzabili.
3) Condivisone di un’ipotesi diagnostica: questa fase si svolge durante il colloquio di restituzione, ovvero un incontro in cui, condivido il funzionamento di personalità del paziente, incentrando la mia attenzione sugli aspetti che potrebbero essere causa del suo malessere.
Affinché la restituzione sia il più completa possibile, mi avvalgo anche dei risultati dei test svolti precedentemente, poiché non sono migliorano la mia conoscenza del caso, ma permettono una più chiara comprensione dei sintomi.
Il colloquio di restituzione è un momento estremamente delicato della terapia, poiché spesso il rischio che si corre è che il paziente si senta giudicato o etichettato. Affinché questo non avvenga, cerco sempre di sottolineare l’importanza di conoscersi in un’accezione positiva.
Sapere come siamo fatti, come funzioniamo e quali sono gli aspetti di noi stessi che ci fanno stare male dovrebbe rappresentare una risorsa preziosa, poiché non solo aumenta la consapevolezza di certe abitudini che noi consideriamo automatiche, ma soprattutto orienta in maniera efficace il lavoro clinico.
4) Stesura di un contratto terapeutico: dopo aver condiviso con il paziente le ipotesi cliniche, ovvero gli aspetti sui quali orientare il trattamento, si stabiliscono insieme gli obiettivi che vengono inseriti nel contratto terapeutico.
Il contratto, non solo comprende gli obiettivi, sui quali terapeuta e paziente devono essere d’accordo, ma anche le regole della terapia, ovvero, orari, pagamenti, ecc. Il contratto può essere sempre rivisto e modificato su richiesta di entrambe le parti.
5) Chiusura della terapia: la terapia si chiude quando vengono raggiunti gli obiettivi. Sia il terapeuta e sia il paziente, però, possono decidere d’interrompere il percorso anticipatamente, se lo ritengono necessario, spiegando le motivazioni di tale scelta.
6) Incontri di follow-up: dopo la conclusione del percorso psicoterapeutico, vengono stabiliti degli incontri durante i quali si rivedono con il paziente gli obiettivi raggiunti e le risorse funzionali a gestire i propri vissuti interni e le relazioni interpersonali.
Gli incontri avvengono prima una volta al mese e piano paino con minor frequenza, all’incirca ogni sei mesi. La fine della Terapia non stabilisce la fine della relazione terapeutica, quindi il paziente può ricontattare il Terapeuta qual ora ne sentisse la necessità.
Tutte le fasi della terapia sopra descritte vengono adatte al singolo caso e all’età del paziente. I colloqui si svolgono una volta a settimana e hanno la durata di 50/60 minuti.
Gli orientamenti che guidano il mio lavoro
Sia nei percorsi di psicoterapia individuale e sia in quelli di Parent Training, il mio lavoro fa riferimento a teorie e tecniche della Psicoterapia Cognitivo Comportamentale Standard (CBT) integrate a quelle della Terapia Metacognitiva Interpersonale (TMI).
- La Psicoterapia Cognitivo Comportamentale (CBT) mi ha permesso di creare un lavoro ben organizzato che segue delle tappe specifiche e mira a individuare pensieri e comportamenti disfunzionali che sono causa di sofferenza. Nella pratica clinica, attraverso tecniche come l’ABC, ricerco i pensieri automatici con i quali intrepretiamo la realtà, le cosiddette lenti con cui ognuno di noi osserva il mondo circostante.
- La Terapia Metacognitiva Interpersonale (TMI), che fa parte delle terapie di terza generazione, orienta il mio interesse ai processi metacognitivi, ovvero ad osservare la metacognizione che caratterizza ogni essere umano. Le abilità metacognitive possono essere descritte attraverso la definizione di Flavell, cioè «la capacità di pensare i pensieri».
Ognuno di noi oltre a produrre pensieri è capace di rifletterci sopra e tale abilità non riguarda soltanto la nostra mente, ma anche quella degli altri e di conseguenza buone abilità metacognitive ci garantiscono di poter riflettere sui pensieri altrui; la capacità di riflessione determina il nostro comportamento e la buona riuscita delle nostre relazioni interpersonali.